I danni prodotti da un certo modo di intendere la politica internazionale sono immensi. Mi riferisco all’idea che la scena internazionale sia solo il luogo dove le grandi potenze lottano per il potere mondiale senza tenere in conto niente che non sia la forza; all’idea che il diritto internazionale e le istituzioni globali siano favolette per tonti; all’idea che le ragioni che spiegano i comportamenti delle nazioni non sono mai quelle dette apertamente (a quelle credono solo i gonzi), ma quelle nascoste, coperte da segreto, accessibili solo a un ristretto gruppo di pochi eletti, che vedono chiaramente là dove tutto è oscurità.
In Italia purtroppo questa mentalità cancerogena, complice alcune riviste, ha attecchito in maniera abbastanza salda, tanto da far correre il rischio di rendere analisti, commentatori ed esponenti politici incapaci di vedere una realtà che pure sta davanti ai loro occhi. Nella convinzione che la verità sia nascosta, non vedono ciò che è in pieno sole.
Così se a contare è solo la forza, allora si capisce perché a Lucio Caracciolo ad esempio, risultano cristalline (anche se sbagliate) le ragioni di Putin, mentre appaiono misteriosi, se non inesistenti, gli obiettivi di chi a Putin si oppone. Nello specifico si rimprovera all’Ucraina di non aver definito ancora che cosa sarebbe disposta a cedere territorialmente pur di giungere a un accordo, e si rimprovera ai paesi europei di non aver chiarito per cosa nello specifico si sta combattendo. Insomma, si rimprovera di non dire chiaramente che cosa gli alleati e l’Ucraina chiamerebbero vittoria e cosa sconfitta.
Ciò che sfugge a Limes e ai suoi affezionati lettori è che per Kiev individuare i pezzi di territorio la cui difesa rappresenterebbe una vittoria e quelli la cui perdita sarebbe accettabile di fatto significa mettersi sullo stesso piano dell’aggressore, sposarne la logica e, per certi versi, giustificarne le motivazioni. Se la forza militare è ciò che legittima la conquista o le rivendicazioni di alcuni pezzi di territorio, allora si riconosce che è la forza l’unico linguaggio e l’unica logica che conta nella politica internazionale. A quel punto la forza e il sopruso diventano d’un tratto generatori di diritto.
Ma le cose non stanno affatto così e l’Ucraina e la comunità internazionale non stanno difendendo solo dei pezzi di territorio, ma attraverso di essi stanno difendendo una serie di principi, valori e diritti che se calpestati produrrebbero conseguenze disastrose a livello globale.
In primo luogo, l’Ucraina combatte per rivendicare il diritto a esistere, il diritto a essere indipendente e autonoma, e il diritto alla propria integrità territoriale. In secondo luogo, la comunità internazionale combatte per impedire che passi il principio che con la forza un paese può acquisire vantaggi territoriali, anzi diritti, perseguendo a forza di cannonate un progetto imperiale di unità etno-linguistica.
Ma c’è anche un altro principio la cui difesa giustifica il sostegno della comunità internazionale. Si tratta di impedire che una potenza atomica si senta in diritto di poter aggredire chi gli pare, pensando di farla franca perché minaccia l’utilizzo della bomba. In altri termini, si tratta di impedire il formarsi di un pericoloso precedente e cioè che le armi nucleari siano ritenute utili a proteggere i guadagni illecitamente ottenuti con una aggressione convenzionale.
Se un tale principio dovesse passare, allora il regime di non proliferazione internazionale collasserebbe e inizierebbe la corsa all’acquisizione dell’arma atomica che servirebbe agli stati per utilizzare la forza convenzionale per poter perseguire qualsiasi tipo di obiettivo. Se invece tale principio non dovesse passare, allora non solo il regime della non proliferazione ne risulterebbe rafforzato, ma l’atomica diverrebbe d’un tratto inutile.
Se una potenza nucleare come la Russia non è riuscita a raggiungere gli obiettivi militari che perseguiva con strumenti convenzionali pur brandendo e minacciando l’uso della bomba un giorno sì e l’altro pure, allora non ha senso avere programmi per acquisire la bomba. Non solo ci si inimicherebbe tutta la comunità internazionale, ma lo si farebbe per nulla, visto che non solo l’atomica è un’arma che non può essere utilizzata, ma non serve nemmeno minacciarne l’utilizzo. Il che vuol dire che non serve più nemmeno come strumento di deterrenza, quanto meno per fini aggressivi.
Questo significa che a osservare ciò che sta accadendo in Ucraina e in particolare il modo in cui le democrazie liberali reagiscono all’uso aggressivo della potenza militare da parte di una autocrazia, non ci sono soltanto Xi Jinping o gli Ayatollah iraniani. Non è una partita che riguarda solo l’oggi, ma ci sono le generazioni future di despoti o aspiranti tali che si volgeranno indietro per capire quale lezione trarre da quello che oggi sta accadendo, e cioè se la forza e la brutalità pagano oppure no.
In conclusione, vittoria significa la difesa di quei principi scritti nelle nostre costituzioni e nelle Carte internazionali che sono la struttura portante di un ordine internazionale basato su regole consensualmente accettate e non l’arbitrio imposto con la barbarie degli aggressori. Vincere sul terreno significa difendere dei principi, senza i quali il mondo sarebbe un luogo dove i bulli prosperano.
Il guaio di coloro che ignorano la forza dei principi o si burlano del diritto internazionale, mentre giocano con carri armati finti e mappe colorate, è che si credono acuti realisti ma sono solo miopi.
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Le istituzioni globali: mi pare che, purtroppo, a partire dalla “Società delle Nazioni” (fondata nel 1919 e dismessa nel 1945) e l’ ONU, poi, tutte, abbiano dato esempio di inutilità (purtroppo). Anche il WTO, per gli aspetti legati al commercio, ovvero alla economia, non mi risulta riesca, di fatto, a condizionare le decisioni in materia di USA e Cina, per esempio.
Il diritto internazionale. ricordo: (1) il recentissimo riavvicinamento fra USA e Venezuela, in seguito alla guerra in Ucraina. secondo il principio per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”, dopo che, un qualche anno fa, pare gli stessi USA abbiano favorito un tentativo di colpo di stato in quel Paese. (2) l’intervento NATO in Serbia nel 1999, secondo alcuni, contrario alle leggi internazionali (io, non so, mi limito a segnalare). (3) Gli interventi in Siria e le vicende dei Curdi. (4) L’annessione del Tibet (1950 circa) …. potremmo continuare all’infinito.
Insomma, il diritto, come la morale, è continuamente e liberamente interpretato e le istituzioni internazionali sembrano alla mercè giusto delle grandi potenze militari ed economiche (i “bulli”, tutti, tranne la EU).
Per quanto riguarda le armi nucleari, mi pare la Russia (forse anche gli USA) ormai ne considerino lecito l’impiego per obiettivi “tattici”. Sinora nessuno le ha usate. Sino ad ora. E tanti le cercano e le vogliono le bombe nucleari.
In ogni caso, non è che manchino altri efficaci strumenti dissuasivi e convincenti: Dresda 1945, giusto per citare. Oppure … il gas.
Vincere sul terreno per difendere le istituzioni e i diritti internazionali? Iniziando dal caso Ucraino? Bene, bisognerà poi avere il coraggio di continuare … in prima persona. Ovunque. E non so se ne saremmo capaci; se ne potremmo sopportare lo sforzo e il costo.
Condivido pienamente l'analisi. Purtroppo però mi viene da pensare che il termine "vittoria" non possa più essere utilizzato senza una riflessione sul significato che vogliamo attribuirgli. Mai come in questa occasione ci dovremmo interrogare, a mio parere, sulle reali possibilità di tenuta di un sistema democratico basato sullo stato di diritto, sulle norme che regolano il diritto internazionale e le relazioni fra stati, davanti alla forza bruta di autocrazie che del diritto fanno carta straccia. In questo momento assistiamo a innumerevoli violazioni dei diritti umani, a perdite di vite umane, distruzioni, violazioni di confini... e gli strumenti messi in campo non sono sufficienti nemmeno per garantire protezione ai civili. Le sanzioni faranno il loro effetto, ma nel frattempo la crisi umanitaria si aggrava di giorno in giorno. In queste condizioni quale significato può avere il termine "vittoria?" Di fatto Putin ci ha trascinato sul suo terreno di gioco, quello di una guerra novecentesca, ma in un mondo globalizzato, nel quale sembra davvero difficile parlare di "vittoria". Ingenuamente mi viene da pensare che salvare vite umane in questo momento sarebbe già una vittoria da celebrare, e mi (vi) chiedo: in questo momento può essere messa in campo una forza di interposizione neutrale che intervenga per organizzare corridoi umanitari come si deve (le organizzazioni umanitarie internazionali stanno agendo a singhiozzo e con rischi inaccettabili) e per mettere in sicurezza la popolazione civile che non può spostarsi? Detto in soldoni: che fa l'ONU?