L’aspetto più preoccupante del passaggio dalla società fordista a quella digitale è non solo il fatto che il salto richiesto è maggiore rispetto a quello del passaggio dalla società agricola a quella industriale, ma che in giro non vi sono zattere che possano traghettare le persone.
A differenza del passato, il passo del progresso tecnologico e di conseguenza l’impatto che ha avuto sulla società, è probabilmente senza precedenti storici: “con il mercato del lavoro – scrive Kaplan -, così come con il riscaldamento globale, è il ritmo che conta, non il fatto in sé. I lavoratori attuali potrebbero non avere né il tempo, né l’opportunità di acquisire le competenze richieste dai nuovi lavori”. Di parere leggermente diverso Bill Emmott che scrive: “come per altre ondate di innovazione, non possiamo prevedere le tempistiche del suo progresso o della sua massima diffusione. Ma nell’uno come nell’altro caso è molto più probabile che l’impatto dell’intelligenza artificiale non si verifichi come uno shock improvviso ma come una successione di eventi, così com’è accaduto con la rivoluzione informatica in generale. E sono gli shock improvvisi a scatenare disoccupazione di massa, perché gli individui, le imprese e le economie non hanno il tempo di adattarvisi. Quando una tecnologia si sviluppa per incrementi, sia pure rapidi, l’effetto non è un trauma ma un adattamento, più o meno doloroso per molte persone, ma comunque un adattamento”.
Il passaggio dalla civiltà agricola a quella industriale è stato facilitato dal fatto che la catena di montaggio ho consentito di traghettare milioni di persone da un mondo all’altro. Come? Spezzettando le conoscenze richieste. Dietro il concetto di catena di montaggio non c’è solo la necessità di velocizzare e razionalizzare il processo produttivo. C’è anche dell’altro. Per poter costruire da zero un’automobile, c’è bisogno di un team di artigiani altamente specializzati, ma se il processo produttivo viene parcellizzato e smontato in frazioni di lavoro è possibile che anche un operaio non specializzato, che ha abbandonato i campi il giorno prima, sia in grado di dare una martellata o avvitare tot bulloni al minuto. È stata questa parcellizzazione che, insieme alla scuola di massa e al Welfare State, ha consentito che una intera società pur tra pauroso scossoni, transitasse dall’era agricola a quella industriale.
Per dirla in maniera differente. Senza la catena di montaggio, vale a dire la parcellizzazione del processo produttivo e la semplificazione del lavoro, non solo si è avuta una riduzione dei tempi e dei costi di produzione, ma si è consentito che masse enormi di cittadini potessero passare dai campi alla fabbrica senza avere bisogno di particolare competenze. O, per dirla meglio, il salto di competenze da fare dai filari dei campi alle linee di produzione era infinitamente più breve rispetto a quello che oggi un operaio dovrebbe fare dalla catena di montaggio alla ideazione di nuovi software, grazie a quell’innovazione organizzativa che va sotto il nome di taylorismo.
Se la produzione di automobili fosse rimasta un lavoro che solo meccanici specializzati erano in grado di fare l’industrializzazione di massa non avrebbe mai avuto luogo. Non solo, ma masse enormi di lavoratori non sarebbero mai entrati nel mondo nuovo dell’industria, e i vantaggi della società industriale sarebbero rimasti una riserva esclusiva di pochi. A tale proposito scrive Stefano Quintarelli: “la società è sfilacciata tra chi vive un presente molto simile al passato e chi vive in un futuro molto simile alla fantascienza. Ed è un fatto che questo divario si sta allargando, con velocità crescente. La fisica, l’elettronica, le tecnologie digitali sono le principali responsabili di questo ‘sfilacciamento’ della società che genera incomprensioni, disagio e finanche paura. Viviano letteralmente in epoche diverse. Usiamo codici e pratiche che risultano di difficile comprensione e accettazione dai rappresentanti più estremi di questa disparita”.
Ora il punto è: ci sono tecnologie o innovazioni organizzative che possano consentire alle masse di accedere facilmente alla civiltà digitale dei cui frutti ora solo in pochi riescono a godere? La soluzione è spingere su una nuova forma di istruzione di massa che dia a tutti gli strumenti per poter padroneggiare il cambiamento? Oppure si devono immaginare forme di assistenza sociale che consentano a chi non riesce a fare il salto di poter comunque vivere un’esistenza libera e dignitosa? Oppure sarà più utile spingere perchè movimenti come il No Code o il Low-Code possano produrre risultati risultati il prima possibile, consentendo anche a chi non possiede le conoscenze tecniche di poter produrre e innovare anche nel mondo nuovo del digitale?