di Paolo Marizza
Ieri ho presentato una riflessione sui “futuri immaginati” e su come questa prospettiva possa potenzialmente riconsiderare le questioni più rilevanti delle dinamiche socio-economiche e politiche da punti di vista innovativi. Un riorientamento "verso il futuro" che vorrei riprendere rispetto a quanto precedentemente delineato, ma con riferimento ad alcuni dei punti sollevati in diversi contributi e commenti su Stroncature (È sempre questione di futuro, le tre classi, le tre illusioni) e in particolare sui temi:
- delle società tradizionali vs società moderne;
- della perdita di “controllo del futuro”;
- della capacità di costruire futuri che siano accettabili e desiderabili per gli individui;
- del passaggio dal mondo fordista a quello digitale.
Provo quindi a sintetizzare in modo schematico e necessariamente incompleto come queste prospettive stanno affrontando tali problematiche.
Tradizione vs modernità
Il punto della tensione tra tradizione e modernità viene spesso messo in relazione con un'importante controversia spesso inquadrata come "struttura vs. agenzia (agency)", ovvero la questione se le decisioni umane siano strutturalmente predeterminate o se sia possibile un'azione umana riflessiva, individuale o collettiva. Sociologi come Dewey e Schütz, ma anche Parsons e Merton, hanno a lungo considerato le percezioni del futuro come una componente e una condizione cruciale dell'azione umana consapevole e della riflessività. L'agency richiede la percezione del futuro anche a livello delle dinamiche gestionali delle organizzazioni. Quando si perora l'empowerment, ossia di abilitare capacità/possibilità di superare attivamente vincoli strutturali e comportamentali, si sottovaluta l'importanza della visione e della capacità degli attori di immaginare il futuro. Solo coloro che creano condizioni di contesto per immaginare futuri alternativi sono in grado di realizzarli. Condizioni che superano la contrapposizione "struttura vs. agenzia": invece di preferire una delle due alternative, si investe sull’ interconnessione dell’agency con la capacità degli attori di immaginare il futuro. Riconoscere le aspirazioni, le aspettative e i futuri immaginati appare quindi cruciale per comprendere ciò che motiva, abilita o inibisce l'azione sociale e individuale riflessiva.
Perdita di controllo e identità
Studi sulle percezioni del futuro sostengono che le recenti fasi di recessione e austerità sono percepite in modo diverso negli strati sociali: il fatto che il futuro sia ancora visto come controllabile o meno dipende dalle risorse associate alle differenze di classe. L'intuizione che le identità e i ruoli sociali danno forma ai futuri immaginati è però integrata da una prospettiva reverse: sempre più le percezioni del futuro costituiscono una componente delle identità: "chi si è" è funzione di "chi si presume che si diventerà". La propensione ad aspirare a un futuro positivo, in certa misura controllabile, a credere nel progresso, può diventare di per sé una questione importante per la costruzione dell'identità.
Costruzione di futuri e creazione collettiva di senso
Come si allineano percezioni, interessi e azioni individuali? Come è possibile la costruzione dell’edificio e del coordinamento sociale?
Il coordinamento sociale richiede, se non una percezione del futuro reciprocamente condivisa, almeno una percezione del futuro reciprocamente allineata. Per coordinarsi, gli attori devono formarsi aspettative solide su come gli altri vedono e intendono plasmare il futuro. Alcune linee di ricerca esplorano il modo in cui le percezioni del futuro si allineano. Questi studi chiariscono come gli artefatti e le pratiche routinizzate, ma anche le norme culturali e le istituzioni, servano ad armonizzare le aspettative e a stabilire una comprensione collettiva di ciò che verrà.
Con una prospettiva simile, più vicina al mio background, si può esplorare il modo in cui le istituzioni economiche (moneta, debito, condizioni e modalità di lavoro, le organizzazioni più in generale) plasmano e orientano le percezioni del futuro. Banalmente, si potrebbe interpretare il periodo contraddistinto da tassi di interesse reali negativi come una fase di esaurimento dei futuri immaginati. Se non c’è futuro a cosa serve il denaro? Qual è il valore del tempo se non riesco a proiettarmi in esso e ad attualizzare il futuro? Si diceva che di fronte all’epocale quantitative easing il “cavallo non beve”.
Le società moderne, in particolare, hanno istituito una tecnica istituzionalizzata esplicitamente dedicata allo scopo di dare un senso al futuro: la previsione. Il punto qui sta nel come vengono prodotte queste previsioni, scenari e prognosi e come vengono consolidate versioni multiple e divergenti del futuro in una previsione credibile. Oggi la pre-visione non è quasi mai il risultato di una previsione individuale, ma il prodotto di processi sociali di narrazione. Il caso dei sub-prime è emblematico: un solo economista aveva previsto la tempesta perfetta rispetto alla narrazione dominante.
Da un altro punto di vista si potrebbe dire che poiché uno dei fattori che causano l'attualizzazione temporale è la sensazione di incertezza del futuro, se gli individui sentono di non poter controllare il proprio futuro o non sono sicuri di poter ottenere una ricompensa in futuro, è più probabile che rinuncino alla gratificazione ritardata e scelgano le ricompense immediate in quanto la rinuncia alla gratificazione immediata è percepita come una perdita. In questo possiamo forse riconoscere il formarsi di sentiment e posizioni divergenti, spesso polarizzate, sull’invio di armi e sul sostegno all’Ucraina.
Non è quindi solo un allineamento delle aspettative da parte delle istituzioni economiche che serve a rendere più fluido il coordinamento economico, ma anche il trovare narrazioni plausibili e culturalmente accettabili riguardo al futuro e alla sua relazione con il presente. L'osservazione che, anche nella sfera presumibilmente razionale e calcolatrice dell'economia, le previsioni si basano sostanzialmente su una ricerca congiunta di narrazioni plausibili implica assumere il futuro come fatto culturale, ossia che la capacità di aspirare diventa un elemento cruciale inscritto nei tratti culturali di ogni società. L'interazione, la stratificazione e l'allineamento di valutazioni divergenti del futuro è il cuore del coordinamento sociale. Il coordinamento dell'azione presente richiede il coordinamento dei futuri immaginati.
Fordismo e digitalizzazione - Innovazione e cambiamento
In un mondo post fordista/moderno, l'esplorazione del ruolo dei futuri incerti per le dinamiche capitalistiche è diventata una preoccupazione cruciale.
A mio parere la propensione degli attori a immaginare creativamente futuri alternativi come motori del cambiamento e dell'innovazione dovrebbe essere ulteriormente esplorata soprattutto in ambito economico e politico. Qui entrano in gioco le posizioni proposte nei contributi ed i commenti sulle 3 classi/illusioni. Quali attori e alleanze possono condividere aspettative convergenti su un futuro accettabile e progressivo per le parti coinvolte? L'interazione di questi attori in "arene delle aspettative", ossia in arene discorsive in cui si concentrino confronti e dibattiti sui futuri possibili, potrebbe abilitare la comprensione dei processi di cambiamento e di innovazione tecnologica, sociale ed istituzionale.
La considerazione di “aspettative fittizie”, basate su immaginari di traiettorie future desiderate e processi continui di immaginazione creativa in contrapposizione a quelle razionali, potrebbe consentire di esplorare le deviazioni, anche radicali, dalle pratiche consolidate e generare convergenze su futuri possibili e accettabili in un sistema in continuo cambiamento. In un caso che mi è familiare, nel settore bancario, tale approccio mostrerebbe come gli immaginari sociotecnici del pagamento digitale favoriscano una ristrutturazione dei servizi finanziari e dell'esperienza di pagamento, ma anche come si inseriscano nelle trasformazioni economico sociali più ampie, con tutte le conseguenti problematiche relative alla datafication. La crescente digitalizzazione di molte sfere della vita rende necessario estendere queste prospettive a molti ambiti ed esplorare come l'interazione tra tecnologia e orientamenti al futuro possa svilupparsi in modo socialmente utile.
La questione delle tecnologie digitali rende ancora più attuale la comprensione di come i futuri immaginati siano intrecciati con le relazioni di potere. Le rappresentazioni del futuro sono intrise di interessi e diventa ancora più cruciale la comprensione di quali visioni del futuro sono incorporate nei modelli istituzionali e sociali sottostanti, chi li controlla e quali gruppi sociali sono coinvolti, in un'epoca in cui le possibilità di vita di molte persone, ad esempio la loro liquidità finanziaria, le opportunità di istruzione, le cure mediche, i diritti sociali, dipendono dal modo in cui i dispositivi digitali valutano e giudicano il loro futuro.
E’ sempre questione di futuro ovviamente anche nelle dinamiche di potere e di conflitto. Poiché particolari visioni del futuro possono rafforzare o sfidare le posizioni di potere e l'autorità, i futuri immaginati costituiscono una sfera contestata, soggetta a feroci lotte di potere. La Società viene governata governando il futuro. Chi può controllare il futuro immaginato può difendere o acquisire posizioni di potere nel presente. Ma anche che l'ignoranza sul futuro - cioè il "non voler/far sapere" delle conseguenze future - può essere altrettanto strategicamente impiegata per rafforzare le posizioni di potere.
I futuri immaginati sono una risorsa preziosa, ri-generativa e scarsa che va coltivata e manutenuta. I teorici della tarda modernità mettono in guardia dall'esaurimento dei futuri immaginati. Aggiungo che l’esclusione o la percezione di non avere la possibilità di “ritornare” ad un proprio futuro immaginato e condiviso rischia di minare alle fondamenta la tensione verso il futuro come progresso.
Paradossalmente, è la variante contemporanea del capitalismo liberale - un sistema che dipende fondamentalmente dalla volontà degli attori di aspirare - a essere maggiormente incolpata della preclusione degli orizzonti futuri e dell'aumento di narrazioni distopiche, quali le promesse deluse, l'alienazione e l'individualizzazione capitalistica.