Un paese in via di sviluppo che vuole abbandonare i primi stadi della crescita, quelli in genere caratterizzati da produzioni a basso valore aggiunto e alto contenuto di manodopera, deve spostarsi lungo la catena del valore e iniziare a produrre beni e servizi a maggiore contenuto di conoscenza, capitali e a maggiore valore aggiunto. Ma per farlo deve aver messo negli anni abbastanza fieno in cascina per avere capitali che siano in grado di sostituirsi agli investimenti internazionali che andavano solo alla ricerca di manodopera a basso costo; deve aver formato negli anni una forza lavoro la cui competitività a livello globale non sta nel basso costo delle proprie braccia ma nelle menti creative dei cittadini; il che poi significa aver creato un Welfare State in grado di garantire a tutti i livelli crescenti il diritto alla salute e all’istruzione; e sopratutto deve aver creato un habitat in grado di favorire il continuo germogliare di idee nuove in grado di sostenere continuamente lo sviluppo di prodotti e servizi in grado di conquistarsi sempre maggiori quote di mercato all’estero; il che vuol dire creare uno Stato di diritto in grado di garantire di diritto e di fatto a tutti le più ampie libertà. In sintesi, se vuoi avere crescita economica devi garantire diritti.
A questo punto conviene introdurre il concetto di Trappola del reddito medio, a cui si faceva riferimento ieri. In sintesi con “trappola del reddito medio” gli economisti individuano le cause che hanno impedito ad alcuni paesi in via di sviluppo di fare il salto da produttori di giocattoli e magliette (quindi prodotti labour-intensive a tecnologica matura) a prodotti ad alto contenuto di conoscenza e tecnologia nuova e quindi ad alto valore aggiunto.
Dicono gli economisti: un paese si avvia sulla strada dello sviluppo sfruttando spesso quello che è il suo solo vantaggio comparato dopo essersi aperto al mercato internazionale e cioè il basso costo della manodopera agganciata a tecnologie mature che arrivano attraverso gli investimenti diretti esteri.
Quel paese, si conquista così uno spazio nella divisione internazionale del lavoro e inizia a crescere. Cresce anche il reddito medio, fino al punto in cui il costo della manodopera di quel paese non diventa più tanto conveniente come un tempo.
Se nel frattempo quel paese non si è creato un nuovo settore in cui può essere competivi, passando dai prodotti labour-intensive a quelli ad alto contenuto tecnologico, le imprese lasceranno il paese e andranno alla ricerca di altre aree del globo dove più basso è il costo della manodopera.
In questo senso è spettacolare il caso della Corea del Sud che si è arricchita con i suoi prodotti High-Tech che hanno invaso il mondo. I paesi che non fanno questo salto restano intrappolati nell’aumento del reddito medio, perdono il loro vecchio vantaggio comparato e non riescono a crearsene uno nuovo e così vedono svanire i propri sogni di benessere e iniziano a declinare.
Ora il punto è che, come si accennava ieri, quello di “trappola del reddito medio” è un valido concetto economico che però ha una soluzione tutta politica. Nello specifico i paesi che sono riusciti a evitare la trappola del reddito medio sono quelli che sono riusciti a compiere la transizione politica da regimi autocratici a regimi pienamente liberal-democratici, che è il passaggio definitivo per poter creare quell’habit, cui prima si faceva riferimento che serve a generare quelle novità (in senso ampio) che sono il vero motore della crescita economica.
Per dirla in breve, perché ci sia uno sviluppo auto propulsivo trainato da consumi interni e da esportazioni ad alto valore aggiunto è necessario creare una struttura politica e istituzionale che garantisce le libertà nel tempo. Senza libertà niente creatività, senza libertà niente ricerca scientifica e innovazione tecnologica; senza creatività e ricerca scientifica e innovazione tecnologica, niente crescita economica; senza crescita economica niente stabilità politica.
In conclusione, si può concordare con Einaudi quando scrive “Chi cerca rimedi economici a problemi economici è su falsa strada; la quale non può che condurre se non al precipizio. Il problema economico è l’aspetto e la conseguenza di un più ampio problema, spirituale e morale”. Il che vuol dire che la strada per la ricchezza passa attraverso la garanzia formale e sostanziale delle più ampie libertà a tutti.