"Le origini del fascismo in Terra di Lavoro (1920-1926)" di Armando Pepe
Recensioni & Presentazioni
Recensione di Angelo Bitti apparsa su “Il mestiere di storico”, rivista della Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea, XII/ 1, 2020, Viella.
Il volume di Armando Pepe prende in esame la nascita e l'affermazione del fascismo nella provincia di Terra di Lavoro, che «si estendeva diagonalmente da Sora a Nola e da Fondi a Piedimonte d'Alife su una superficie di 5258 chilometri quadrati e comprendeva 192 comuni» (p. 13), soppressa dal governo fascista con il regio decreto legge 2 gennaio 1927 n. 1. Nei primi quattro dei nove capitoli in cui è suddiviso il libro, l'a. ricostruisce le rivendicazioni portate avanti dalle leghe contadine rosse e bianche nel corso del 1920 e la risposta violenta a queste lotte scatenata da nazionalisti e fascisti. Del fascismo in particolare è tratteggiata la nascita e la non facile affermazione nei diversi centri della provincia, di cui sono protagonisti principalmente studenti, appartenenti alla borghesia impiegatizia e delle professioni, proprietari terrieri, imprenditori. Nei restanti capitoli l’a. ripercorre i rapporti spesso tumultuosi tra fascisti e nazionalisti, che perdurano anche dopo la fusione tra Ani e Pnf, rappresentati esemplarmente dallo scontro tra i seguaci di Aurelio Padovani, capo del fascismo intransigente campano, e quelli del deputato nazionalista di Terra di Lavoro Paolo Greco. Vengono infine affrontate le convulse fasi successive alla sconfitta della fazione padovaniana sino alla normalizzazione del Pnf, con il commissariamento della Federazione provinciale agli inizi del 1924.
Il lavoro di Pepe sembra confermare quanto emerso in altri contributi che hanno indagato l'affermarsi del fascismo non soltanto nel Mezzogiorno. Così, ad esempio, per quanto concerne la cooptazione del vecchio notabilato locale, indispensabile per assicurare al fascismo al potere il controllo delle periferie, obiettivo che tuttavia doveva essere contemperato con la necessità di promuovere una classe dirigente fatta da homines novi, in modo da sostanziare l'immagine rivoluzionaria del regime. Ciò era tra le cause di una profonda conflittualità, che non di rado assumeva i connotati di una lotta tra conservatorismo e radicalismo, tra «transigenti» e «intransigenti», dietro a cui si celavano contrasti all'interno degli stessi gruppi notabilari che, approfittando dell'ingresso nel fascismo, cercavano di preservare il loro potere di fronte ai tentativi di insidiarlo ad opera di gruppi rivali i quali, come in questa provincia, militavano nelle fila nazionaliste.
Il volume è il frutto di una ricerca che ha utilizzato quasi esclusivamente le carte degli organi centrali dello Stato e del Pnf (alcune serie dell'Archivio del Ministero dell'Interno e il fondo Mostra della rivoluzione fascista), la cui documentazione viene però riprodotta attraverso citazioni eccessivamente lunghe con il risultato di appesantire inutilmente la narrazione; maggiore attenzione poteva essere dedicata al lavoro di analisi, sintesi e contestualizzazione della vicenda del fascismo in Terra di Lavoro, anche tenendo conto di quei case study riferibili a realtà simili che l’ormai matura stagione di studi sul «fascismo in provincia» ha fatto emergere.
Angelo Bitti
Armando Pepe. Le origini del fascismo in Terra di Lavoro (1920-1926), Canterano, Aracne, 176 pp., € 10,00