di Fabio Bernardini
La diffusione del software, il cui uso è pervasivo (le famose APP ad esempio), pone una sfida al mondo dell’istruzione. In molti dentro e fuori la scuola e l’università hanno la percezione di un sapere sempre più polveroso e poco utile. Questa percezione contribuisce alle critiche crescenti sull’ordinamento scolastico ma genera anche tanta confusione. Cerchiamo di analizzarne le possibili ragioni e di capire quali possano essere i possibili rimedi.
Di fronte alla informatizzazione del mondo del lavoro si ha la netta impressione che, nella fase attuale, si stia creando una polarizzazione crescente fra coloro che il software lo usano senza modificarlo (li chiameremo UTENTI) e coloro che il software lo sviluppano, nel senso più ampio comprendendo anche coloro che pur non avendo scritto una riga di codice hanno però contribuito in termini di idee alla produzione e all’aggiornamento del software (li chiameremo SVILUPPATORI). Questa distinzione non è netta poiché anche gli SVILUPPATORI usano come utenti le APP ma qui vogliamo indicare come UTENTI quelli che non hanno mai sviluppato il software ma sono UTENTI e basta. Con il progredire dell’informatica le APP sono sempre più -fool proof- cioè -a prova di scemo- e anche -black box- cioè -scatole nere-. Entrambi questi aggettivi denotano una sensazione psicologica che ha impatti sull’istruzione.
L’aggettivo -fool proof- si associa a quella sensazione di una facilità di uso che rende difficile fare errori nell’uso delle famose APP. Questo ha due conseguenze, da una parte porta ad un demansionamento di molti lavori. Pensiamo al tassista che un tempo doveva conoscere tutte le vie a memoria e tutti i percorsi più rapidi. Questa conoscenza costituiva una fonte di orgoglio, di professionalità; oggi con le APP dei navigatori una nota ditta permette a chiunque senza alcuna esperienza di fare il tassista. Si tratta per questo mestiere di un demansionamento. Altro esempio ancora più drammatico mi viene da una conversazione avuta con un Ufficiale di Marina che ho conosciuto.
Prima del GPS per tracciare una rotta bisognava sapere usare il Sestante per determinare la posizione della barca, cosa che richiedeva conoscenze tecniche non banali, orgoglio della professione. Oggi anche un bambino con il suo smartphone può fare altrettanto. Si aggiunga inoltre che il GPS è molto più preciso del Sestante, ma quello che il bambino non sa e che la precisione del GPS è dovuta al fatto che gli algoritmi su cui si basa sono derivati dalla conoscenza della Teoria della Relatività di cui il bambino non sa nulla. Invece l’Ufficiale di Marina che usava il Sestante doveva essere al corrente dei principi di funzionamento del Sestante poiché il suo uso non è -fool proof-. Per gli UTENTI delle APP si tratta di un demansionamento culturale che vanifica l’orgoglio dell’how-know acquisito con gli studi fatti per accedere alla professione. Inoltre il demansionamento implica a lungo termine una riduzione anche il termini salariali.
L’aggettivo -black box- evoca invece l’idea di un meccanismo oscuro, misterioso, incomprensibile a molti, che eleva lo SVILUPPATORE ad una sorta di mago dell’era moderna. Con il passare del tempo il software si è fatto sempre più complesso e coloro ai quali è delegato il compito di migliorare il suo funzionamento sono di fronte a sfide non banali. Coloro i quali si occupano di sicurezza delle comunicazioni (ad esempio del sistema bancario) devono avere nozioni di crittografia che l’utente dell’home-banking non ha.
Le aspettative nei confronti dell’istruzione scientifica di questi due gruppi sono diverse e poco conciliabili. Gli SVIPUPPATORI hanno bisogno di sempre più competenze sempre più interdisciplinari. Per poter creare hanno bisogno di capire nei minimi dettagli gli aspetti rilevanti del problema che vanno a risolvere. Chi si occupa di aggiornare l’algoritmo crittografico di una APP deve avere nozioni di matematica tutt’altro che banali.
Gli UTENTI invece non hanno necessità di capire in dettaglio il contenuto della -black box- ma hanno la necessità di sapere come utilizzare al meglio lo strumento che hanno a disposizione. Non è sufficiente possedere un apparecchio che usa la Risonanza Magnetica Nucleare per poter stilare un referto medico (occorrono nozioni di medicina), ma al contempo il medico non ha necessità di nozioni di meccanica quantistica per fare il suo lavoro.
L’istruzione come è organizzata attualmente è un po’ in mezzo al guado. Per essere una istruzione di massa, negli ultimi decenni ha rinunciato a quel livello che sarebbe necessario per poter avere una classe di SVILUPPATORI veramente competitivi. Il decadimento del livello di preparazione rende sempre più difficile competere nei settori di punta per molti neo-laureati.
Invece coloro i quali concludono gli studi e poi finiscono per essere meri UTENTI lamentano che l’attuale istruzione, marcatamente quella universitaria, così piena di dimostrazioni e di teoremi, è molto lontana dalla realtà lavorativa di tutti i giorni. Manca di concretezza, di un -sapere pratico-.
L’istruzione attuale vorrebbe dare a tutti, ma poi in pratica non ci riesce, una preparazione che formalmente è molto elevata (tanta teoria, tante dimostrazioni, che molti dimenticano il giorno dopo l’esame) ma che poi risulta essere molto indigesta a masse di studenti che per i motivi già citati sembrano essere poco motivati e che però proseguono poiché qualunque altra soluzione appare come un binario che porta in serie B. Essendo una istruzione di massa, alla fine del percorso, molti si renderanno conto che mancano i posti di lavoro in serie A, che sono pochi, e che il lavoro che in concreto ottengono è un demansionamento rispetto alle aspettative maturate con il titolo di studio. Allora il risentimento e la pioggia di critiche nei confronti del -pezzo di carta- che oggi non fa più miracoli.
La politica si è accorta del problema ed ha reagito con la comparsa delle Lauree Triennali -professionalizzanti-. Queste lauree però per come sono congegnate sono spesso percepite non come qualcosa di diverso dalle Lauree quinquennali ma come Lauree di serie B. Infatti spesso i programmi di Matematica, Fisica e Chimica che appaiono nel primo anno di queste lauree sono gli stessi delle altre lauree, con l’unica differenza che la soglia necessaria per passare gli esami è più bassa. Se funzionassero, le Lauree Triennali dovrebbero attirare la maggior parte degli studenti mentre attualmente ne attirano una minoranza.
In futuro l'istruzione dovrà essere in qualche modo bipartita. Una istruzione generalista uguale per tutti, nella scuola dell’obbligo, che crei un cittadino responsabile, uno per intendersi che ha fiducia nella scienza, che non si fa abbindolare dalle fake news e dalle leggende metropolitane. Qualcosa di lontano dal modello anglosassone dove purtroppo una parte consistente della popolazione ha un livello di istruzione preoccupantemente basso che genera un substrato su cui cresce il populismo, il fondamentalismo religioso e che rischia di spaccare la società. La nostra scuola dell’obbligo sta andando pericolosamente in quella direzione. Una istruzione non solo tecnica ma con un forte contenuto umanistico (“Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla”, diceva Edmund Burke). Una istruzione che non dimentichi che molti mestieri associati agli UTENTI hanno un contenuto artistico che può svilupparsi solo da una seria base umanistica.
Per coloro che saranno UTENTI, questa istruzione dovrebbe in qualche modo essere seguita da una istruzione superiore pratica con un accento più orientato all’uso del software, il cui funzionamento è dato per scontato, ricca di contenuti ma con poche dimostrazioni e tanto laboratorio. Questa istruzione pratica dovrebbe essere fruibile anche per chi cambia lavoro e anche a chi non è più tanto giovane. Penso ad una istruzione che sia fruibile sia in presenza che in remoto.
In alternativa, ma destinata solo a quella minoranza che non ha paura delle dimostrazioni, una istruzione molto più teorica orientata agli SVILUPPATORI che dia solide basi scientifico/tecniche per coloro che dovendo creare nuovo software devono compiere l’arduo compito di capire cosa è contenuto nelle -black box- ed apportare migliorie. Qui si che le dimostrazioni devono essere sempre presenti e dettagliate poiché chi crea ha bisogno di molta più istruzione di chi utilizza il software.
L’università futura dovrà fornire entrambi i tipi di istruzione ma in modo che questa bipartizione non sia percepita come una forma di -classismo- che crea figli e figliastri. Qui la politica ha un compito molto arduo. Una maniera che potrebbe essere valida è una differenziazione dei percorsi all’interno della stessa laurea, cosa che in realtà già esiste in embrione ma che spesso si scontra con un sistema ancora troppo rigido, che costringe molto spesso TUTTI gli studenti a sorbirsi degli esami con un contenuto teorico esagerato in un mondo in cui tutta questa teoria rischia di rimanere, per colori che sono UTENTI, nascosta per sempre all’interno della -black box-.
Lo scopo finale del tutto deve essere di limitare gli abbandoni dell’istruzione che rendono basso il numero di laureati nel nostro paese, ma al contempo fornire sempre un ristretto numero di laureati super preparati che possano contribuire in modo competitivo all’avanzamento dello stato dell’arte nei settori ad alta tecnologia di cui abbiamo disperato bisogno per il nostro futuro.
Urca!!! Quì da scrivere per un mese solo per commentare!!
La summa dei problemi e delle sfide dell'istruzione tramite la meta-istruzione nell'era della Società5.0. Fantatstico!
Duro, ma qualcosa di incompleto si può anche tentare accettando il rischio di dire stupidaggini.
Cominciamo dal problema dei problemi: le macchine sono un pericolo (sottinteso: quelle nate dall'informatica come insieme di hardware e software) declinata anche come: le macchine ci prenderanno la mano. Onde il terrore dell'Intelligenza Artificiale. Applicazione concreta: le macchine tolgono posti di lavoro. Che questo sia un problema è un fatto da non sottovalutare quindi gli effetti prima della meta-istruzione (la scrivo staccata per maggior chiarezza altrimenti somiglia a supercalifrasticespiralidoso) devono essere analizzati con attenzione.
Siamo quindi seri: demansionare (almeno in ambiente industriale) significa abbassare il livello di lavori (e relative mansioni) che sono stati già intrapresi dalle persone, tali da richiedere una manualità o una conoscenza pratica di tipo quasi sempre euristico (gli apprendisti di buona memoria) ed che oggi vengono svolti da chiunque abbia quel minimo di sale in zucca per schiacciare qualche tasto rendendosi conto che può anche ammazzare qualcuno (vedi il tassista. Tempi brutti però: la macchina di Google li sostituirà tra poco. Li sostituirà? Vedremo). Il problema vero è il bilancio tra posti creati e posti persi e l'informatica c'entra fino ad un certo punto perchè nel bresciano abbiamo tutti letto che mancano 150.000 giovani con skill adeguati.
Non trovare un lavoro appagante è cosa diversa e mi pare che sia il nocciolo del discorso. E quì la meta-istruzione si riaffaccia.
Oggi siamo nell'era dell'Industria4.0 intesa come un modello evolutivo di fabbrica (o impresa, va bene lo stesso) sempre più automatica (attenzione, automatica non significa automatizzata, questa è ancora Industria3.0. I robot nelle linee di lastratura di Mirafiori, Pomigliano e Melfi ci sono da trent'anni). Il termine, succedaneo di Quarta Rivoluzione Industriale, l'hanno inventato i tedeschi nel 2011 quasi a voler mettere le mani avanti per parare eventuali luddisti già visti nella seconda, quella delle macchine a vapore e prima ancora del telaio meccanico.
Abbiamo così chiuso il cerchio Istruzione-lavoro-competenza.
Entro dentro al cerchio solo per ricollegarlo all'altro cerchio APP-SVILUPPATORI-UTENTI.
Pensare che uno Sviluppatore sia il guru del dominio di conoscenza significa non aver mai lavorato su questi temi e averne acquisito solo una sensazione. Tuttavia dobbiamo distinguere tra industria e app sociali-marchettare perchè sono similim ed al tempo stesso diverse.
Industria: Prendiamo il caso delle acciaierie (ci ho lavorato per 35 anni). Chi non ci è stato dentro almeno una volta, mi creda sulla parola. Un affascinante inferno dantesco popolato di lavoratori di tutti i tipi, intelligenti e stupidi, formati e ignoranti, responsabili e irresponsabili (inteso come meri esecutori di istruzioni) capaci quasi tutti di utilizzare le app per collegarsi tra loro e condividere eventi e giudizi che salvano talvolta la pelle. Mi onoro di aver lavorato con uomini e donne di questo stampo, anche con gli stupidi per avere avuto il coraggio di accettare una sfida personale di questa portata.
Ebbene, credetemi sulla parola: uno sviluppatore di applicazioni software, sia di automazione che di controllo del processo di fabbricazione, hanno passato pochissime ore (e spesso con fastidio) nelle acciaierie e solo per installare le loro applicazioni correggendo i buchi (bugs) di cui le loro creature sono piene, tanto è vero che gli acceptance tests sono in carico gli utenti. Quando troviamo uno sviluppatore che ha esperienza diretta di acciaieria (ovvero del dominio oggetto dell'app) abbiamo fatto bingo.
Per inciso, la parola sviluppatore (di software) non è appropriata perchè il ciclo di produzione del software è un pò più complesso. Quello industriale richiede l'estensione di un buon documento di requisiti, un'analisi della struttura del codice (permettetemi di non usare la parola App) e la fase circolare di sviluppo e testing fino all'accettazione finale. In questo ciclo, gli "smanettoni" possono essere figure importanti ma hanno genio e inventiva e spesso sono frutti di un'esperienza maturata sul campo. Ebbene, chi "possiede" il software è l'analista che deve comprendere il contesto operativo e strutturare un software che faccia ciò che è richiesto. E che spesso ha lavorato lui sì fianco a fianco con gli acciaieri e possiede sia il vocabolario che la semantica. L'università questo non lo dà perchè se vieni da formazione informatica, puoi avere cognizione di tutti domini di conoscenza che puoi incontrare? No, sicuramente per cui non resta che la formazione sul campo (se sei sveglio ed hai basi buone)
Veniamo quindi all'istruzione che ho già introdotto con l'ultima frase. Chiarito il significato di demansionamento, andiamo a ciò che è alla base: personalmente non ci trovo niente di male a non sapere come è fatto il software. Ma, qualunque software per mia esperienza dipende dai metodi applicati e dagli algoritmi che vengono trasformati in righe di codice. Per cui, software banali come Whatsapp possono essere usati senza sapere niente di cosa c'è sotto. Cos diversa sono i software specialistici. A casa mia, algoritmo significa, alla fine, matematica che sintetizza il modello che descrive contesto ed obbiettivo. Possiamo essere tutti in grado di comprendere quello che c'è sotto ad un algoritmo di Intelligenza Artificiale? la mia risposta è no. Ma avere un'idea culturalmente fondata di cos'è l'Intelligenza Artificiale, questo è sicuramente necessario almeno per capire cosa stiamo regalando al finanziatore dell'APP in termini di informazioni e dati personali.
E qui si viene al punto ben evidenziato di una merge culturale ottimale tra cultura umanistica e scientifica che dovrebbe essere il cuore del problema.
Voglio essere pratico anche se so di correre il rischio di non essere capito.
Le vituperate "dimostrazioni" sono un passo fondamentale per "ficcare in testa" agli studenti che dietro ad una espressione matematica c'è prima un metodo e prima ancora un'idea sollecitata da un obbiettivo. Mi sono spaccato la testa all'università sul calcolo matriciale (matematica pura, cioè distillata) e ringrazio per averlo fatto perchè altrimenti non avrei capito niente delle strutture che ho successivamente progettato con programmi agli Elementi Finiti già fatti (basati sul calcolo matriciale). Ma nel contempo mi ero anche spaccato la testa sulla Meccanica del Continuo e sulle dimostrazioni di analisi numerica. Chiudo con una domanda: dov'è il confine tra cultura e competenza? C'è un confine?
Purtroppo non abbiamo tutti gli stessi mezzi intellettuali e famiglie alle spalle che ci hanno fatto vivere in ambiente stimolante. E visto che è crollato il modello anglo-sassone e, credetemi, anche quello germanico il problema ce lo abbiamo tutti visto che Montecitorio non l'hanno ancora assaltato mentre Capitol Hill si. Forse, dare un senso alla parola élite (ai miei tempi si diceva avanguardia) potrebbe avere un senso. Con rispetto s'intende, perchè, francamente io rispetto altamente il camionista calabrese che usa l'app di navigazione e accetta di rovinarsi le vertebre lombari per milioni di kilometri. Tra vent'anni il camion sarà guidato dall'intelligenza artificiale? Vedremo se legalmente ciò sarà possibile. Nel frattempo lasciateci il collegamento tra cultura e competenza dei miei tempi universitari. Oggi, per averci insegnato per cinque anni, l'idea della triennale non mi pare abbia funzionato ma il problema non è solo nostro. Il Dipl. Ing di germanica memoria (triennalista anche lui o giù di lì) non è nè un fine dicitore nè mi risulta sia più colto dei nostri ragazzi. E' bene che ne parliamo ancora. Il problema investe tutto il ciclo dell'istruzione, alla faccia dell'Invalsi. Perchè non usare il QI allora? Se non fosse così incerto, sarebbe almeno meno ipocrita. Occhio, non condanno l'Invalsi. Mi chiedo solo se abbiamo chiaro che uso pensiamo di farne.