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Urca!!! Quì da scrivere per un mese solo per commentare!!

La summa dei problemi e delle sfide dell'istruzione tramite la meta-istruzione nell'era della Società5.0. Fantatstico!

Duro, ma qualcosa di incompleto si può anche tentare accettando il rischio di dire stupidaggini.

Cominciamo dal problema dei problemi: le macchine sono un pericolo (sottinteso: quelle nate dall'informatica come insieme di hardware e software) declinata anche come: le macchine ci prenderanno la mano. Onde il terrore dell'Intelligenza Artificiale. Applicazione concreta: le macchine tolgono posti di lavoro. Che questo sia un problema è un fatto da non sottovalutare quindi gli effetti prima della meta-istruzione (la scrivo staccata per maggior chiarezza altrimenti somiglia a supercalifrasticespiralidoso) devono essere analizzati con attenzione.

Siamo quindi seri: demansionare (almeno in ambiente industriale) significa abbassare il livello di lavori (e relative mansioni) che sono stati già intrapresi dalle persone, tali da richiedere una manualità o una conoscenza pratica di tipo quasi sempre euristico (gli apprendisti di buona memoria) ed che oggi vengono svolti da chiunque abbia quel minimo di sale in zucca per schiacciare qualche tasto rendendosi conto che può anche ammazzare qualcuno (vedi il tassista. Tempi brutti però: la macchina di Google li sostituirà tra poco. Li sostituirà? Vedremo). Il problema vero è il bilancio tra posti creati e posti persi e l'informatica c'entra fino ad un certo punto perchè nel bresciano abbiamo tutti letto che mancano 150.000 giovani con skill adeguati.

Non trovare un lavoro appagante è cosa diversa e mi pare che sia il nocciolo del discorso. E quì la meta-istruzione si riaffaccia.

Oggi siamo nell'era dell'Industria4.0 intesa come un modello evolutivo di fabbrica (o impresa, va bene lo stesso) sempre più automatica (attenzione, automatica non significa automatizzata, questa è ancora Industria3.0. I robot nelle linee di lastratura di Mirafiori, Pomigliano e Melfi ci sono da trent'anni). Il termine, succedaneo di Quarta Rivoluzione Industriale, l'hanno inventato i tedeschi nel 2011 quasi a voler mettere le mani avanti per parare eventuali luddisti già visti nella seconda, quella delle macchine a vapore e prima ancora del telaio meccanico.

Abbiamo così chiuso il cerchio Istruzione-lavoro-competenza.

Entro dentro al cerchio solo per ricollegarlo all'altro cerchio APP-SVILUPPATORI-UTENTI.

Pensare che uno Sviluppatore sia il guru del dominio di conoscenza significa non aver mai lavorato su questi temi e averne acquisito solo una sensazione. Tuttavia dobbiamo distinguere tra industria e app sociali-marchettare perchè sono similim ed al tempo stesso diverse.

Industria: Prendiamo il caso delle acciaierie (ci ho lavorato per 35 anni). Chi non ci è stato dentro almeno una volta, mi creda sulla parola. Un affascinante inferno dantesco popolato di lavoratori di tutti i tipi, intelligenti e stupidi, formati e ignoranti, responsabili e irresponsabili (inteso come meri esecutori di istruzioni) capaci quasi tutti di utilizzare le app per collegarsi tra loro e condividere eventi e giudizi che salvano talvolta la pelle. Mi onoro di aver lavorato con uomini e donne di questo stampo, anche con gli stupidi per avere avuto il coraggio di accettare una sfida personale di questa portata.

Ebbene, credetemi sulla parola: uno sviluppatore di applicazioni software, sia di automazione che di controllo del processo di fabbricazione, hanno passato pochissime ore (e spesso con fastidio) nelle acciaierie e solo per installare le loro applicazioni correggendo i buchi (bugs) di cui le loro creature sono piene, tanto è vero che gli acceptance tests sono in carico gli utenti. Quando troviamo uno sviluppatore che ha esperienza diretta di acciaieria (ovvero del dominio oggetto dell'app) abbiamo fatto bingo.

Per inciso, la parola sviluppatore (di software) non è appropriata perchè il ciclo di produzione del software è un pò più complesso. Quello industriale richiede l'estensione di un buon documento di requisiti, un'analisi della struttura del codice (permettetemi di non usare la parola App) e la fase circolare di sviluppo e testing fino all'accettazione finale. In questo ciclo, gli "smanettoni" possono essere figure importanti ma hanno genio e inventiva e spesso sono frutti di un'esperienza maturata sul campo. Ebbene, chi "possiede" il software è l'analista che deve comprendere il contesto operativo e strutturare un software che faccia ciò che è richiesto. E che spesso ha lavorato lui sì fianco a fianco con gli acciaieri e possiede sia il vocabolario che la semantica. L'università questo non lo dà perchè se vieni da formazione informatica, puoi avere cognizione di tutti domini di conoscenza che puoi incontrare? No, sicuramente per cui non resta che la formazione sul campo (se sei sveglio ed hai basi buone)

Veniamo quindi all'istruzione che ho già introdotto con l'ultima frase. Chiarito il significato di demansionamento, andiamo a ciò che è alla base: personalmente non ci trovo niente di male a non sapere come è fatto il software. Ma, qualunque software per mia esperienza dipende dai metodi applicati e dagli algoritmi che vengono trasformati in righe di codice. Per cui, software banali come Whatsapp possono essere usati senza sapere niente di cosa c'è sotto. Cos diversa sono i software specialistici. A casa mia, algoritmo significa, alla fine, matematica che sintetizza il modello che descrive contesto ed obbiettivo. Possiamo essere tutti in grado di comprendere quello che c'è sotto ad un algoritmo di Intelligenza Artificiale? la mia risposta è no. Ma avere un'idea culturalmente fondata di cos'è l'Intelligenza Artificiale, questo è sicuramente necessario almeno per capire cosa stiamo regalando al finanziatore dell'APP in termini di informazioni e dati personali.

E qui si viene al punto ben evidenziato di una merge culturale ottimale tra cultura umanistica e scientifica che dovrebbe essere il cuore del problema.

Voglio essere pratico anche se so di correre il rischio di non essere capito.

Le vituperate "dimostrazioni" sono un passo fondamentale per "ficcare in testa" agli studenti che dietro ad una espressione matematica c'è prima un metodo e prima ancora un'idea sollecitata da un obbiettivo. Mi sono spaccato la testa all'università sul calcolo matriciale (matematica pura, cioè distillata) e ringrazio per averlo fatto perchè altrimenti non avrei capito niente delle strutture che ho successivamente progettato con programmi agli Elementi Finiti già fatti (basati sul calcolo matriciale). Ma nel contempo mi ero anche spaccato la testa sulla Meccanica del Continuo e sulle dimostrazioni di analisi numerica. Chiudo con una domanda: dov'è il confine tra cultura e competenza? C'è un confine?

Purtroppo non abbiamo tutti gli stessi mezzi intellettuali e famiglie alle spalle che ci hanno fatto vivere in ambiente stimolante. E visto che è crollato il modello anglo-sassone e, credetemi, anche quello germanico il problema ce lo abbiamo tutti visto che Montecitorio non l'hanno ancora assaltato mentre Capitol Hill si. Forse, dare un senso alla parola élite (ai miei tempi si diceva avanguardia) potrebbe avere un senso. Con rispetto s'intende, perchè, francamente io rispetto altamente il camionista calabrese che usa l'app di navigazione e accetta di rovinarsi le vertebre lombari per milioni di kilometri. Tra vent'anni il camion sarà guidato dall'intelligenza artificiale? Vedremo se legalmente ciò sarà possibile. Nel frattempo lasciateci il collegamento tra cultura e competenza dei miei tempi universitari. Oggi, per averci insegnato per cinque anni, l'idea della triennale non mi pare abbia funzionato ma il problema non è solo nostro. Il Dipl. Ing di germanica memoria (triennalista anche lui o giù di lì) non è nè un fine dicitore nè mi risulta sia più colto dei nostri ragazzi. E' bene che ne parliamo ancora. Il problema investe tutto il ciclo dell'istruzione, alla faccia dell'Invalsi. Perchè non usare il QI allora? Se non fosse così incerto, sarebbe almeno meno ipocrita. Occhio, non condanno l'Invalsi. Mi chiedo solo se abbiamo chiaro che uso pensiamo di farne.

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