In questi giorni si ha la sensazione che il mondo sia in attesa di capire cosa farà la Cina, se cioè si schiererà dalla parte dell’Occidente e contribuirà a fermare la guerra in Ucraina, oppure unirà le proprie forze con quelle del capo del Cremlino per lanciare una sfida esistenziale al mondo liberale. Chi scrive, in tutta franchezza, non ritiene che da questa scelta dipendano i destini del mondo. Le forze armate cinesi potrebbero essere al pari di quelle russe e l’economia cinese potrebbe subire duri colpi se i legami con l’Occidente venissero recisi dalla sera alla mattina come accaduto nel caso russo.
Ma mettiamo da parte queste considerazioni e proviamo a fare qualche ragionamento, provando a individuare il bandolo della matassa. Il punto da cui partire potrebbe essere il seguente e cioè l’idea del declino occidentale. Non si sa bene sulla base di quali numeri, ma una parte del mondo si è convinta che l’Occidente e gli Stati Uniti si trovino ormai sul viale del tramonto. Il che aprirebbe margini di manovra, o una finestra di opportunità, a quanti hanno intenzione di rompere l’ordine internazionale liberale costruito dopo la Seconda guerra mondiale, liberarsi dall’influenza di quella cultura occidentale che riduce a folklore ogni sapere tradizionale, costruire delle aree più o meno grandi controllate dalle varie potenze regionali egemoni, che governano su stati vassalli.
Il ritiro americano dall’Afghanistan ha confermato a Putin questa idea, anzi potrebbe essere stato un acceleratore. Di qui la convinzione che un colpo di mano fosse possibile. Ora, dal modo in cui noi europei e americani reagiamo all’invasione Ucraina dipenderà l’idea che i cinesi si faranno dell’Occidente. Se dopo la orgogliosa reazione iniziale, dove si è mostrata grande unità e determinazione, il fronte delle democrazie inizierà a scricchiolare, allora è possibile che a Pechino si convincano che ci sono i margini per forzare la mano, e dopo essere stati alla finestra a seguire l’evoluzione degli eventi potrebbero scommettere tutte le loro fiche sui russi.
Se invece il fronte delle democrazie regge, la resistenza ucraina continua a combattere anche grazie al sostegno occidentale e se la Russia entra in una spirale di scosse economiche, politiche e sociali sempre più forti, allora i cinesi potrebbero decidere di dare una mano nella gestione dell’ordine liberale, mettere da parte le proprie ambizioni egemoniche e puntare sulla pace economica con l’Occidente in nome della stabilità interna.
Questo vuol dire che a Pechino non si schierano perchè pensano che la nostra fiera reazione potrebbe presto ridimensionarsi e per ora non si sbilanciano dalla parte di chi potrebbe presto lasciarli in una posizione scomoda. Si ritroverebbero cioè ad aver preso posizione contro Mosca, mentre gli europei abbandonata la posa marziale aprono all’appeasement con Mosca. In sintesi, i cinesi non si schierano perchè non sono convinti che facciamo sul serio. È una questione di percezioni.
Questo vuole dire, che la variabile indipendente di questo processo è il modo in cui le democrazie liberali decideranno il proprio destino. Anzi per essere precisi il modo in cui le opinioni pubbliche si convinceranno che è meglio agire, dai loro sentimenti, dalle loro percezioni; dalle aspettative, dalle paure e dalle speranze collettive, perché per usare le parole che il principe Andrei Bolkonsky rivolge alla vigilia della battaglia di Borodino a Pierre Bezuchov che paragonava la guerra agli scacchi: “Il successo non è mai dipeso e non dipenderà mai né dalla posizione, né dall'armamento, né dal numero…» «e da che cosa, allora?», chiede Pierre, «dal sentimento che c'è in me, in lui» e indicò Timochin, «in ogni soldato», conclude Andrei e dal sentimento che c'è in ogni cittadino libero, aggiungiamo noi.